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Vestiario del Fintocolto

Il Fintocolto ama fare shopping, ma non può dirlo.

C’è però un problema: l’intasamento in entrata dei suoi pensieri – a tratti pare un negozio di Abercrombie durante i saldi, ma senza muscoli o tette – accumula e frulla con perfetto stile i suoi stili, provocando un effetto imbuto da cui uscirà solo e soltanto una goccia per volta, ma sempre diversa. Se ad esempio dal contagocce delle sue passioni esce la lacrima del dandy italianizzato, il fintocolto non può che buttarsi su quella splendida sciarpa colorata e un improponibile papillon che non avrebbe mai acquistato soltanto cinque minuti prima e che, soprattutto, non avrebbe acquistato mai neanche cinque minuti dopo, quando nella tutta nuova ansia di trasandatezza sarà già diventato insostituibile il jeans leggermente strappato ma non troppo, che non sembri d’alta moda ma al massimo d’altra mòta, comunque fintoveramente attrattivo (tanto da farlo sentire già poco dopo a disagio tanto verso gli sguardi storti delle giovani madri quanto verso quelli compassionevoli dei padri). L’armadio del fintocolto conserva fedelmente le gocce come vaschetta d’artista del tempo che scorre, mostrando plasticamente quanto possa un solo individuo cambiar gusti come fossero atomi di ossigeno nel naso: quelle troppo stravaganti scarpe in vernice, quella raggiante e ostentata t-shirt dei Jethro Tull, quel troppo anzianotto giaccone in tweed, quel troppo elegante visone misto-capra maschile (se solo, se solo per quel compleanno si fosse fatto comprare un bel copri piumino…), quel troppo lungo camiciotto e quella troppo larga camicetta. Pare quasi che a riempire l’armadio non sia stato lui negli ultimi decenni, ma l’intera mandria di latticini bipedi di un istituto scolastico omnicomprensivo, con l’aggiunta dei consigli delle relative mamme, quelle di cui sopra. Ad ogni modo, il momento non sarà mai quello giusto per acquistare ciò che si vuole, ma soprattutto per indossare ciò che si è acquistato: così come nell’andare in bagno una rivista è sempre una sicurezza, allo stesso modo il salvagente fisico e mentale nel vestiario del fintocolto è uno soltanto: la vecchia tuta della Champions, lavata un minimo di quattromilasette volte e slargata in fondo, tanto da finire con fiera certezza – lì si raccoglie quel poco di superbia del nostro, appendice d’ammiragliato – sotto il tacco della pantofola, invernale anche d’estate che il puzzo di piedi fa più sofferenza creativa. Fashion Style una ceppa: domani decideremo cosa mettersi. Per ora, plaid ai cannoni!