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Il Fintocolto e il vino

Al ristorante tocca quasi sempre al fintocolto assaggiare il vino. La congiunzione astrale, i movimenti interplanetari e l’inedito sorriso spazio-temporale vogliono che la fiducia del cameriere – chiunque esso sia e a prescindere dalle caratteristiche fisico-mentali – ricada su quegli occhialoni da grande esperto. Di qualunque cosa, comunque esperto.
Quello è un pessimo momento, poiché il fintocolto sa già che la risposta sarà “va bene”, che sia un Tavernello o un pregiato Chateau  Grand Corbin, ma è costretto a piegarsi all’intera debilitante pantomima. In ordine rigorosamente casuale: potente sniffata stile aspirapolvere con annessa stupitissima espressione; possente e impacciato movimento pseudo-circolare del bicchiere sulla tovaglia che puntualmente ne blocca la corsa su circuito riempiendosi di grinze e costringendo a repentini innalzamenti del bicchiere dal livello  del mare; ulteriori micro sniffate disattente, collegate a fugaci occhiate ai compagni di cena e relativo arrossamento maculato della cute facciale; istantaneo pensiero che corre alla propria infanzia e pure a quella ipotetica del povero cameriere che, consapevole dell’insolente ignoranza del proprio avventore, già da qualche minuto sta aspettando sconsolato e moderatamente rabbioso il momento del “va bene”.
Tradizione vuole che i Sommelier siano comunque considerati degli insanabili perdigiorno e che, in ogni caso, l’unico valore del vino sia la velocità con il quale permette di alleggerire i propri freni inibitori e scrivere casuali ma apparentemente irresistibili haiku da odiare il giorno successivo. Ma questo non si può dire: una rapida occhiata ai motori di ricerca aiuterà a conoscere quei due o tre nomi di vini necessari a fare una figura minimamente decente. Un bianco, un rosso e le parole “fruttato” e “rotondo” da utilizzare random come la punteggiatura in poesia (nella propria, s’intende), per arrivare vivi verso casa e scolarsi un bel bicchierone di Coca Cola (sempre originale, in tasca alle sottomarche, agli americani, alla globalizzazione e alle spezie) che fa digerire e che, ringraziando ogni cielo, è sempre uguale a se stessa (nonostante le argute teorie circa lo stato perfetto della gassatura, ottenibile mediante concentrato e orgoglioso stappa-ritappa continuo della suddetta bevanda. Ma di questo magari parleremo in un altro post).